Ode alla lentezza

Decidere che cosa fare del proprio tempo è il potere più grande, in un mondo che ci vuole in continua accelerazione.

Chi può concedersi il lusso della lentezza in un’epoca in cui tutto sembra correre e cambiare repentinamente? A parte pochi fortunati, la risposta è nessuno. A dirla tutta, la maggior parte delle persone crede che vivere a ritmi lenti significhi perdere tempo o addirittura essere pericolosamente ‘in ritardo’ rispetto alle accelerazioni della modernità. Ma è davvero così?

(Redazione TuttoGreen)

Nella meravigliosa fiaba dedicata ad una lumaca che scopre l’importanza della lentezza, Sepúlveda scrive: “La lentezza è una nuova forma di resistenza in un mondo dove tutto è troppo veloce e dove il potere più grande è quello di decidere che cosa fare del proprio tempo”. Un gesto quasi rivoluzionario, un atto di coraggio che esalta la forza del pensare e dell’agire lento.

Oggi più che mai, la lentezza è l’unica terapia contro lo stress digitale e la potenza del web dove tutto viene comunicato prima ancora che il pensiero riesca ad elaborare l’informazione precedente. La lentezza è emozione, autenticità, condivisione, conoscenza e merita di trovare posto in ogni sfera del vivere quotidiano. È una preziosissima alleata che può difenderci dalle continue pressioni di questa era ed è fonte di ispirazione per le buone pratiche della sostenibilità.

"La lentezza è emozione, autenticità, condivisione, conoscenza".

La promozione di un turismo lento, ad esempio, è forse il modo più efficace per conciliare questi principi al bene dei territori e delle persone. Nella pratica, ciò vuol dire seguire ritmi non frenetici, itinerari poco massificati, partecipare ad esperienze coinvolgenti che permettano di assimilare i legami con le consuetudini di una comunità, diventare cittadini temporanei di un certo luogo lasciandosi andare dal ritmo dolce della vita di paese e riscoprire una dimensione della vacanza decisamente slow.

Visti da questa prospettiva, i nostri borghi rappresentano l’esempio più fulgido del turismo orientato alla lentezza e all’autenticità. Da nord a sud, da est a ovest, essi disegnano un dedalo di percorsistorie e tradizioni che merita di essere conosciuto da viaggiatori lenti. Immergersi a piccoli passi in questo tesoro diffuso è l’unico modo per conoscerlo veramente.

 

“Chi va piano va sano e va lontano…”

È un vecchio proverbio che i nostri nonni amavano recitare. Un saggio consiglio che suggerisce di non affrontare la vita con precipitosità e frenesia, perché quasi sempre le cose che riescono meglio sono quelle che decidiamo di fare con calma e tranquillità.

Quella tranquillità che tanto manca nelle nostre vite può essere ritrovata accogliendo un modo di concepire la mobilità con lentezza: sana, dolce, sostenibile, amica anche dell’ambiente, oltre che dell’uomo. Compagna di viaggio fondamentale per conoscere davvero i posti e i territori che visitiamo, avvicinarsi alla cultura delle comunità locali e cogliere quelle sfumature che a bordo di un’automobile non sono nemmeno lontanamente percepibili.

La grande chance che offre questo tipo di mobilità è la possibilità di vivere la cultura dello spazio aperto percorrendo, passo dopo passo, il territorio e il paesaggio, sul filo dolce e rassicurante della bassa velocità. Itinerari spirituali, cammini naturalistici, percorsi panoramici, ciclovie, tragitti escursionistici: tutto purché l’esperienza del viaggio si trasformi in un tentativo di riconciliazione con i ritmi naturali della terra e dell’uomo, oltre che in una ricerca meticolosa e attenta della vera bellezza.

via francigena

E con 6600 chilometri di cammini naturalistici, religiosi, culturali e spirituali che attraversano il nostro Paese in lungo e in largo, di certo le alternative non mancano. Ci sono quelli dedicati ai santi, come i cammini francescani, lauretani e benedettini; quelli sulle tracce dei briganti, come il sentiero che attraversa l’Aspromonte; quelli culturali, ad esempio il cammino di Dante che percorre i luoghi dove il Sommo Poeta visse in esilio e scrisse la Divina Commedia. C’è il sentiero della Pace che ripercorre le memorie della Prima Guerra Mondiale, la Via Appia, la Via Francigena, la Via degli Dei, il cammino di San Vicinio, la Via degli Abati, il sentiero Liguria, la Via Romea Germanica, il Sentiero del Dürer e tanti altri. Per chi ama procedere con lentezza, non c’è che l’imbarazzo della scelta…

 

La slow revolution corre sui binari delle greenway

Chi ha intenzione di lasciare l’auto a casa e affrontare la prossima avventura zaino o bici in spalla, può cercare ispirazione sul sito camminiditalia.it, lo strumento indispensabile per viaggiatori e turisti lenti, che racchiude tutti i cammini italiani percorribili in bicicletta, a piedi, a cavallo e in generale con l’ausilio forme di mobilità dolce e sostenibile. Un vero e proprio atlante digitale dei cammini italiani che fornisce una visione di insieme dei percorsi che attraversano la penisola, evidenziando le connessioni tra i vari itinerari e suggerendo nuove modalità di percorribilità.

Ognuno di questi tracciati incrocia un piccolo centro abitato, una comunità, un nugolo di casette antiche, vere e proprie porte di ingresso al patrimonio culturale di un territorio unico. Ed è lungo questi sentieri che si può cogliere la centralità dei nostri borghi nella straordinaria rete delle vie verdi del Belpaese.

"si può cogliere la centralità dei nostri borghi nella straordinaria rete delle vie verdi del Belpaese".

Promuovere la diffusione di una mobilità non motorizzata è l’obiettivo che ha ispirato anche la mappatura delle cosiddette greenway, in particolare delle ‘ferrovie abbandonate’, un progetto che vuol far conoscere tutti tracciati ferroviari inutilizzati esistenti in Italia trasformandoli in binari verdi da percorre a piedi e in bicicletta.

Dolomiti bicicletta

Il Trentino Alto Adige è la regione che ha già recuperato quasi tutti i tracciati ferroviari dimessi, ma su questo esempio virtuoso si stanno muovendo anche la Lombardia, il Friuli Venezia Giulia e l’Emilia Romagna e tante altre regioni che hanno deciso di scommettere sulla valorizzazione delle vie ecologiche.

Lungo queste vecchie vie ferrate sorgono borghi e villaggi rurali intervallati qua e là da ponti, viadotti, gallerie, stazioni e caselli che giacciono per gran parte abbandonati. E come i borghi che si intersecano nel loro labirintico disegno, questi sedimi antichi rappresentano un patrimonio da tutelare e valorizzare per la loro valenza architettonica e storica ancora oggi ben visibile.

Ci sono 750 chilometri di Greenway già fruibili in Italia, come la ciclovia delle Dolomiti, la suggestiva Spoleto-Norcia e il percorso ciclopedonale Treviso-Ostiglia realizzato sull’ex-ferrovia militare. In un’ottica di mobilità lenta, questi straordinari circuiti verdi possono diventare un sistema di percorsi strutturato e integrato con il territorio in grado di connettere turisti e cittadini non motorizzati con le risorse dei nostri borghi e delle aree rurali più depresse.

Chi crede nel valore della lentezza e della mobilità dolce sono le Banche del Credito Cooperativo, da tempo impegnate in iniziative volte a diffondere una maggiore consapevolezza ambientale nei territori di riferimento. Un esempio? La ‘Banca della Bici’ inaugurata nei Comuni di Figline e Incisa Valdarno è il progetto voluto da BCC per il prestito gratuito di biciclette a favore dei cittadini del comprensorio con l’obiettivo di mettere in movimento un’intera comunità. Produrre utilità e vantaggi, creare valore economico, sociale e culturale a beneficio dei soci e della comunità locale, fabbricare fiducia: un impegno che mira a tradurre l’interesse di tutti in esperienze concrete.

 

 

Leggi la prossima storia in Territori