Piccoli borghi e tipicità: i borghi gourmet

Il 2018 è l’anno dedicato al cibo italiano e alle eccellenze delle cucine regionali che si tramandano da secoli attraverso una tradizione divenuta ormai arte culinaria.

Custodi solenni di questo prezioso patrimonio sono i borghi antichi e i piccoli comuni dove cibo, storia e cultura sono parte integrante di un’identità che merita di essere valorizzata.

(Redazione TuttoGreen)

 

Sui colli piacentini, a pochi chilometri dal confine lombardo, nell’antico borgo di Vernasca, si produce il famoso Vin Santo di Vigoleno. La produzione di questa eccellenza enologica è limitata a 3000-5000 bottiglie l’anno e da tempo contende il primato per la più piccola DOC d’Italia al Vino di Loazzolo, paesino di 350 anime della provincia di Asti.

Dei 150 ettari di terra coltivata a Moscato, sono solo 3 i vigneti scelti ogni anno per conferire a questo vino da meditazione le qualità eccezionali che lo distinguono da qualsiasi altro. Perfino la pigiatura delle uve è eseguita secondo antiche tecniche e tutto il processo di vinificazione osserva i metodi di una tradizione le cui radici si perdono nella notte dei tempi.

"Un patrimonio culinario di inestimabile valore, in gran parte nascosto tra le mura solide e antiche delle usanze locali, espressione magistrale di storie e saperi popolari ".

E poi c’è la tradizionale Treccia di mozzarella di Santa Croce del piccolo centro molisano di Magliano (CB), il Carciofo violaceo detto anche ‘scarciofeno’ coltivato a Montelupone, vicino Macerata, senza dimenticare l’Aglio di Resia e i Fagioli di Sarconi. Chi si trova a passare per un paesino della provincia cosentina chiamato Oriolo, in Calabria, non può fare a meno di assaggiare le famose Pittanghiuse preparate con l’uva passa e le verdure locali.

C’è la Mortadella di Campotosto, la cui paternità per anni è stata oggetto di diatriba tra l’omonimo comune aquilano e Amatrice, per non parlare della Toma di Gressoney, che per il piccolo borgo valdostano è valsa la nomina di presidio ‘Slowfood’ nel 2016. E come non citare qualche tipicità dell’Italia insulare, come il Cappero di Pantelleria, le Lenticchie di Ustica, il Mirto di Sardegna e il Pistacchio di Bronte.

Da nord a Sud, da Est a Ovest, la mappa delle tipicità e dei borghi italiani che possiamo a pieno titolo definire gourmet è davvero infinita. Solo il Piemonte è depositario di una tradizione che annovera ben 23 specialità DOP e IGP, tra cui alcune di provenienza esclusivamente montana.

Un patrimonio culinario di inestimabile valore, in gran parte nascosto tra le mura solide e antiche delle usanze locali, espressione magistrale di storie e saperi popolari che fanno dell’Italia il Paese con il maggior numero di produzioni enogastronomiche certificate.

La forza dei piccoli

La lista delle specialità enologiche e gastronomiche che ha reso l’Italia celebre in tutto il Mondo è estremamente lunga, ma forse non tutti sanno che il 92% delle produzioni tipiche del Bel Paese e il 79% dei vini più pregiati nascono in comuni con meno di cinquemila abitanti.

"Una ricchezza custodita fuori da circuiti turistici massificati".

Una ricchezza custodita fuori da circuiti turistici massificati che la nuova Legge per la salvaguardia dei Borghi Italiani potrà forse contribuire a valorizzare come merita. Basti pensare che su 293 tipicità DOP/IGP già riconosciute dall’Unione Europea, 270 sono prodotte in piccoli centri. Nello specifico, il dato annovera:

  • 52 formaggi a denominazione protetta
  • 45 oli extravergini di oliva su 46
  • 37 dei 41 salami e prodotti a base di carne
  • 99 prodotti ortofrutticoli e cereali su 111
  • 11 prodotti di panetteria e pasticceria su 13

Questi numeri raccontano la storia di un capitale naturale, culturale, artistico e paesaggistico senza eguali, che coniuga tradizione e tecnologia in un modello di sviluppo a basso impatto sia per i territori che per le comunità residenti.

Vecchi e nuovi saperi si mescolano all’innovazione grazie al lavoro di 279 mila imprese agricole che operano nelle micro-economie locali. Ed è proprio l’impegno di queste aziende di comunità che consente di preservare le colture storiche e le tradizioni alimentari regionali più antiche, gettando al contempo le basi per nuovi modelli economici circolari che tutelano il territorio e generano ricchezza per le popolazioni.

Il modo in cui saremo in grado di salvaguardare e potenziare questa incredibile ricchezza disegnerà nuovi scenari nel futuro dei circa quattro milioni di giovani imprenditori italiani che hanno scelto di rimanere nei loro comuni di origine e contribuire al prestigio del made in italy enogastronomico nel Mondo.

Tutto questo fa dei piccoli comuni, dei piccoli territori, delle loro piccole comunità e dei piccoli imprenditori agricoli, una grandissima risorsa per l’economia italiana, oggi più che mai bisognosa di nuovi stimoli e ispirazioni.

 

Il futuro è servito

Dalla valorizzazione delle tipicità provenienti dai comuni sotto i cinquemila abitanti dipende buona parte dei miliardi di fatturato che il sistema agroalimentari nazionale genera ogni anno. Senza considerare l’effetto moltiplicatore che questo sistema può innescare su quel turismo di qualità basato sul mix cibo/ambiente/cultura. Ed è su essa che deve basarsi lo sviluppo di un sistema economico sostenibile e inclusivo.

A ben guardare, non è difficile cogliere la stretta relazione tra questi fattori, soprattutto se consideriamo che rispetto al 2016 il turismo enogastronomico in Italia è letteralmente raddoppiato, superando i 10 miliardi di spesa al consumo. Secondo il rapporto di Isnart-Unioncamere, infatti, l’impatto economico di questo segmento supera i 12 miliardi di euro e rappresenta il 15,1% della quota totale relativa al turismo.

"La ristorazione di qualità è la motivazione principale che orienta le scelte di viaggi dei turisti stranieri".

La ristorazione di qualità è la motivazione principale che orienta le scelte di viaggi dei turisti stranieri, ma anche tra gli italiani aumentano le richieste per i viaggi enogastronomici, le degustazioni nelle cantine o aziende agricole, i laboratori di cucine regionali dove si possono osservare da vicino le tecniche tradizionali di lavorazione e trasformazione delle materie prime in eccellenze gastronomiche.

I piccoli centri sono un traino eccezionale a questo tipo di turismo: da soli concorrono ad un fatturato compreso tra i 4 e i 5 miliardi di euro e sono il simbolo più fulgido della vacanza enogastronomica Made in Italy che tanto piace ai viaggiatori in cerca di sapori autentici e della buona tavola.

Per contribuire alla valorizzazione di queste tipicità ed evitare il declino dei piccoli borghi italiani, le Banche del Credito Cooperativo si propongono come banche locali, o per meglio dire banche del territorio, poiché finanziano e sostengono lo sviluppo dell’economia reale. Perché sono espressione del contesto in cui l’azienda e i soci operano, legate da un rapporto di reciprocità. Ciò significa che le loro radici nascono dal territorio e al territorio ritornano. Ed è anche per questo motivo che le BCC sono banche di comunità, banche che hanno nelle famiglie e nella piccola e media impresa i propri interlocutori preferiti.

 

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