L’appetito vien… studiando!

La cultura del mangiare bene e sano parte dai primissimi anni di età, in famiglia e anche scuola.

Oltre a rappresentare un luogo di svago e socializzazione, la mensa scolastica ha il compito di proporre pasti qualitativamente e quantitativamente equilibrati, diffondere i principi basilari dell’educazione alimentare e innescare un meccanismo di apprendimento basato su stili di vita e abitudini corrette.

 

di Erika Facciolla (Tuttogreen)

 

Se pensiamo alla qualità dei cibi che i bambini – dall’asilo alle secondarie – consumano sui tavoli delle mense scolastiche, la situazione del nostro Paese appare piuttosto variegata. Troppo care in molte città, più economiche, ma di pessima qualità, in altre (tanto che i bambini sono costretti a portarsi il pranzo da casa), appena sufficienti nella maggior parte dei casi. In alcune realtà, invece, la collaborazione tra istituti, famiglie, Asl e istituzioni ha dato vita a situazioni di vera ‘eccellenza’ in fatto di refezione scolastica.

"il numero delle mense italiane dove vengono serviti prodotti biologici continua a crescere ".

Il dato confortante è che il numero delle mense italiane dove vengono serviti prodotti biologici continua a crescere e sempre più istituti scolastici adottano menù attenti anche alle esigenze di chi segue regimi alimentari vegetariani, vegani o legati a differenti confessioni religiose.

Il biologico, in particolare, ha assunto un’importanza fondamentale nella composizione dei pasti e secondo i dati diffusi dall’ultimo censimento de Ministero delle Politiche Agricole sono ben 1.200 le mense italiane che fanno uso di prodotti BIO.

 

Cosa dice la legge?

Anche se non tutti lo sanno, dal 1999 la legge impone l’uso di cibi biologici, tipici e tradizionali in tutte le mense scolastiche e ospedaliere. Alcune regioni come Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Marche, Basilicata Veneto hanno emanato provvedimenti ad hoc per incentivare questi istituti all’uso di prodotti Bio.

Di recente, il Governo ha istituito un fondo da 44 milioni di euro per ridurre i costi a carico delle famiglie e garantire a tutti i bambini il diritto ad un pasto buono, sano ed equilibrato.

L’obiettivo è promuovere l’utilizzo di prodotti biologici in un sistema di ristorazione scolastica certificata secondo i criteri e le specifiche individuate dal Ministero delle Politiche Agricole e dell’Istruzione. Frutta, verdura, ortaggi, legumi, cereali, pane, prodotti da forno, pasta, riso, farina, patate, polenta, pomodori, formaggio, latte UHT, yogurt, uova, olio extravergine devono provenire per almeno il 40% da produzione biologica. Per carne e pesce i valori vanno rispettivamente dal 15% al 20%.

"La proposta di legge 1467 stabilisce che sia sempre assicurata l’offerta di almeno un’opzione vegetariana e una vegana".

A partire da alcuni principi fissati dalla nostra Costituzione, inoltre, è nata la proposta di legge 1467 riguardante le “Norme per la tutela delle scelte alimentari vegetariana e vegana” che ha condotto nel 2011 alla pubblicazione del Decreto Ministeriale del 25 luglio il quale stabilisce che sia sempre assicurata l’offerta di almeno un’opzione vegetariana e una vegana negli esercizi pubblici di ristorazione e nelle mense comunitarie, comprese quelle scolastiche.

 C’è poi il tema più che mai attuale dell’integrazione culturale e religiosa che non passa solo sui banchi scolastici ma anche dal piatto. In assenza di un riferimento normativo vero e proprio, si cerca di fare in modo che i modelli alimentari introdotti nelle mense scolastiche abbraccino e rispettino la dimensione culturale e religiosa di ogni bambino. Tra cibi vietati, cibi sacri, periodi di digiuno e festività, il piatto deve essere quanto più laico possibile e le mense devono adattarsi ad abitudini alimentari disparate.

Il comune di Lavagna è un bell’esempio di sistema misto. Ogni scuola mette a disposizione un modulo per la richiesta di diete speciali, non solo di ordine etico-religioso ma anche per allergie, intolleranze alimentari o altre malattie metaboliche. Nel modulo per la richiesta di variazione del menù per motivi religiosi, inoltre, il genitore può indicare la religione di appartenenza, gli alimenti esclusi e suggerire cibi alternativi.

 

Jesi, Trento e Bologna le migliori

Al di là delle leggi e dei buoni propositi, passare dalla teoria alla pratica non è mai semplice. In molti casi si rivela una vera e propria impresa. Non per Jesi, Trento e Bologna le tre città-modello in quanto a refezione scolastica che guidano saldamente la classifica delle migliori mense italiane.

A Jesi ogni giorno si effettuano controlli sul gradimento dei pasti, sulla varietà dei cibi e su ciò che i bambini tendono a lasciare nel piatto. Le ricette vengono modificate di continuo e le mamme possono dare suggerimenti per rendere le pietanze più ‘appetibili’. A novembre, poi, il menu invernale prevede piatti a base di pesce fresco dell’Adriatico che i bambini sembrano gradire moltissimo. Alle 10 del mattino tutti ricevono un frutto oppure pane e olio o pane e marmellata.

Per abbassare i costi il Comune ha ridotto i centri di cottura da 10 a 1 e pare che l’esperimento stia funzionando. Comune, Asl, genitori e Cooperative hanno fatto quadrato per garantire ai bambini materie prime locali di primissima qualità e oggi il 90% dei cibo servito è di origine biologica. Costo del servizio? 6 euro al giorno e ci si prenota quotidianamente.

Strategia opposta ma altrettanto efficace a Trento dove ogni scuola elementare si è dotata di una cucina interna super tecnologica che consente di ridurre i tempi di preparazione e servire pasti più leggeri e salutari. Anche qui tutto è BIO, tranne le carni rosse che comunque arrivano dai pascoli del territorio. I genitori, inoltre, possono fare controlli ‘a sorpresa’ per monitorare la qualità del servizio. Le mense sono sovvenzionate dalla Provincia, mentre il costo medio a carico delle famiglie è di 4,60 euro al giorno. E per i nuclei familiari più numerosi, grazie agli sgravi, il costo è di soli 85 centesimi per pasto.

Anche a Bologna i bambini mangiano bene, anzi benissimo. ll 90% dei prodotti che arrivano in tavola è BIO poiché a stabilirlo è una legge regionale del 2002 che impone l’uso di prodotti di origine biologiche a tutti gli istituti, dal nido alla secondaria. In alcuni centri dell’hinterland i comuni gestiscono direttamente le forniture in modo da privilegiare i prodotti a km zero e sostenere i produttori locali dell’Appennino.

"benessere delle famiglie, solidità delle comunità locali, sinergie attivabili sul territorio e importanza di riabbracciare stili di vita sani e sostenibili anche in tavola".

Un bell’esempio di cooperazione e sostenibilità perseguito anche dalle scuole dell’infanzia di Piacenza che per la preparazione dei pasti si affidano al Consorzio ‘Bio piace’, nato dall’unione di 70 aziende locali specializzate nella produzione di cereali, carne, latticini, frutta, verdura.

Il benessere delle famiglie, la solidità delle comunità locali, le sinergie attivabili sul territorio e l’importanza di riabbracciare stili di vita sani e sostenibili anche in tavola. Sono questi alcuni dei temi che BCC ha più a cuore. Non solo impresa e finanza, dunque, ma soprattutto famiglia, tradizioni e amore per il buon cibo che è anche un veicolo per crescere bene, superare le disuguaglianze e creare relazioni solide.

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