Lavorare insieme per il bene comune

Il fenomeno delle cooperative di comunità si sta sviluppando in tutta Italia. Come dimostra anche il bando Fondosviluppo-Confcooperative per la loro promozione.

di Roberta Ferrari (rferrari@federcasse.bcc.it)

 

“Un insieme di persone che lavorano per il bene comune”. È questa la definizione essenziale di cooperativa di comunità per Dario Torri, presidente della Valle dei Cavalieri, la cooperativa che rappresenta un’eccellenza internazionale nell’innovazione turistica, tanto da aver conquistato, lo scorso gennaio, il secondo posto del premio delle Nazioni Unite Unwto/Award for Excellence and Innovation in Tourism con il progetto “Comunità e resilienza, due cooperative affrontano lo spopolamento” che Valle dei Cavalieri ha realizzato in partnership con la cooperativa di comunità “Briganti di Cerreto” di Cerreto Alpi, in provincia di Reggio Emilia.

Fare cooperativa di comunità, secondo Dario Torri, è infatti “fare in modo che questi paesi non vengano lasciati al proprio destino o abbandonati o lasciati morire”. Per capire davvero cosa significhi, la storia Valle dei Cavalieri è esemplificativa.
La cooperativa è stata creata 25 anni fa per garantire la sopravvivenza di Succiso, piccolo borgo all’interno del parco nazionale dell’Appennino tosco emiliano, minacciato dallo spopolamento a causa di una frana. Durante gli anni, attraverso il coinvolgimento attivo degli abitanti rimasti, la cooperativa ha permesso la rinascita del borgo attraverso lo sviluppo dell’attività turistica, valorizzandone l’identità culturale. Gli impatti positivi dell’iniziativa si sono tradotti con il ripopolamento del borgo, il miglioramento della vita degli abitanti, l’aumento delle opportunità di lavoro e, quindi, la cessazione dell’emigrazione.
In questo caso si può proprio dire che la cooperativa di comunità si è messa al servizio di un’intera comunità e, in un certo senso, si è identificata con essa. Le priorità della cooperativa di comunità rimangono infatti profondamente legate al territorio, alla gente del posto e allo spirito di servizio per la comunità.
Ma quali sono le caratteristiche che la contraddistinguono? E qual è la loro natura istituzionale?

 

Le comunità “resilienti”

Una prima evidenza che emerge dalla letteratura sul tema è che le cooperative di comunità rappresentano un fenomeno che si sta sviluppando sia nel nostro Paese che in molte altre parti del mondo e non riguarda solo alcune aree geografiche, come quelle montane, ma vede coinvolti paesi e borghi di pianura e anche quartieri di città: le cooperative di comunità nascono ovunque ci sia la necessità di ricostruire un tessuto economico e, prima ancora, culturale.
Pier Angelo Mori, ordinario di Economia presso l’Università di Firenze, nel saggio “Le cooperative di comunità”, afferma che quando si parla di comunità, non si intende un gruppo di persone con interessi affini, ma una comunità di “residenti all’interno di un territorio”, il cui interesse per il bene/servizio nasce dal fatto che vivono in quel luogo. L’obiettivo della cooperativa non è rispondere dunque ai bisogni di un gruppo sociale ristretto, ma ai bisogni della comunità. Per Mori le cooperative di comunità possiedono tre requisiti: sono controllate dalla comunità, offrono o gestiscono beni di comunità, garantiscono a tutti i cittadini un accesso non discriminatorio.

"Siamo di fronte ad una cooperativa di comunità quando, in presenza di un territorio in condizioni di vulnerabilità e di un fabbisogno specifico, si sviluppa un’attività economica finalizzata al benessere collettivo e non a quello della massimizzazione del profitto".

Da un altro punto di vista, per essere considerata tale, una cooperativa di comunità deve avere come obiettivo la produzione di vantaggi a favore di una comunità alla quale i soci appartengono. Obiettivo che deve essere perseguito attraverso la produzione di beni e servizi che incidano in modo stabile e duraturo sulla qualità della vita sociale ed economica della comunità.
A contare non è infatti la tipologia della cooperativa (di lavoro, di utenza, sociale, mista, ecc.) o delle attività svolte, ma la finalità di valorizzare la comunità di riferimento.
Le altre caratteristiche che devono essere possedute sono relative a: un interesse generale, la rilevanza economica dell’attività e una rete di soggetti coinvolti.

La definizione di scuola è che “la cooperativa di comunità è uno strumento attraverso il quale le persone, le imprese, le associazioni e gli enti locali possono costruire risposte ai propri bisogni o far crescere idee e progetti per migliorare la qualità della vita delle persone e della comunità nel suo complesso”.

Una comunità di riferimento identificabile e partecipativa è dunque un aspetto fondamentale e fondante delle cooperative di comunità.
A fine 2016 è stato pubblicato il Report finale dello Studio di fattibilità per lo sviluppo delle cooperative di comunità, realizzato dal Ministero dello Sviluppo Economico e dall’Irecoop Emilia Romagna. Le esperienze analizzate si collocano geograficamente tre nel Nord Italia e una nel Salento pugliese. A queste testimonianze si sono aggiunte due esperienze di aree urbane e metropolitane di Perugia e di Napoli.
Nello studio si afferma che “siamo di fronte ad una cooperativa di comunità quando in presenza di un territorio in condizioni di vulnerabilità e di un fabbisogno specifico, capace di generare anche un’opportunità imprenditoriale, espresso da una comunità reale si sviluppa una attività economica finalizzata al perseguimento dello sviluppo comunitario e della massimizzazione del benessere collettivo (non solo dei soci) e non a quello della massimizzazione del profitto”.

cooperative di comunità abruzzo

Un territorio vulnerabile

Se una comunità “resiliente” è il primo requisito, un secondo elemento che caratterizza le cooperative di comunità è il territorio. Nello specifico, un territorio delimitato che versi in una situazione di minore accessibilità sociale, economica e di mercato. In una parola, “vulnerabile”, come viene definito nel Report del Mise.

In Italia ci sono 5.683 comuni con meno di 5.000 abitanti, nei quali vivono complessivamente oltre 10 milioni di persone, il 17% della popolazione.

cooperative di comunità nei piccoli comuni

Un territorio nel quale la comunità si identifica e per il quale le cooperative di comunità diventano “custodi del patrimonio culturale e ambientale, di tradizioni, di saperi e di esperienze”.

 

La rete di sostegno

Un ulteriore fattore evidenziato dallo studio del Mise è la necessità, per questo tipo di impresa, di un’infrastruttura socio/relazionale a cui appoggiarsi per la nascita e per il suo sviluppo: è molto importante la creazione di partnership strategiche sia all’interno che all’esterno della comunità. Le infrastrutture coinvolte possono essere rappresentate da Proloco, parrocchie, associazioni territoriali, imprenditori locali e pubblica amministrazione, ad esempio.
Sulla base delle esperienze imprenditoriali osservate, nel Report viene affermato che l’azione delle cooperative di comunità “si concretizza attraverso un mix di attività produttive, intese in senso tradizionale, e un mix di attività socialmente utili per la comunità”. E, affinché la diversificazione delle attività economiche possa funzionare, le cooperative hanno bisogno di attrarre/accedere a risorse economiche esterne alla comunità.

 

Una mutualità “multipla”

Ciò che inoltre caratterizza le cooperative di comunità – secondo il citato Report del Mise – “è la loro multi-settorialità e l’affermazione di una mutualità interna multipla”, ovvero la definizione di un nuovo concetto di mutualità. In particolare, nelle cooperative analizzate “convivono gli interessi particolari dei soci lavoratori, dei soci utenti, dei soci sovventori, dei soci conferitori e dei soci volontari. Tutti questi interessi parziali trovano una loro convergenza nella produzione di un benessere comunitario tramite l’attività della cooperativa”. In pratica, la creazione di un interesse comunitario ha portato ad un “parziale superamento della distinzione tra mutualità interna ai soci delle cooperative e la mutualità esterna nei confronti dei non soci”.
Le cooperative – nei casi analizzati nello studio – mirano a migliorare il benessere della comunità, oltre che quello dei propri soci. Inoltre le imprese esaminate si caratterizzano per una forte attenzione ad uno sviluppo locale sostenibile, capace di preservare sia l’ambiente che gli equilibri socio-relazionali presenti all’interno della comunità.
La definizione di un nuovo concetto di mutualità sembra quindi essere un elemento caratterizzante delle cooperative di comunità.

 

A scuola di cooperazione di comunità

A conferma dell’interesse suscitato da queste iniziative, che si stanno piano piano diffondendo nel nostro territorio, è la Scuola di cooperativa di comunità organizzata da Confcooperative e Lega-coop con il sostegno della Regione Emilia-Romagna giunta, a ottobre dello scorso anno, alla terza edizione.

La Scuola si tiene a Succiso e Cerreto Alpi, nell’alto Appennino reggiano. Quattro giornate di confronto e approfondimento che “dimostrano quanto nel nostro Paese questa modalità di fare cooperazione rappresenti uno sguardo concreto al futuro” ha dichiarato durante l’ultima edizione Pier Lorenzo Rossi, direttore Confcoperative Emilia Romagna.
“In queste realtà la Cooperazione rivive la sua funzione sociale – ha affermato Giovanni Teneggi, direttore di Confcooperative Reggio Emilia – di fronte ai bisogni del territorio e delle persone di ritrovarsi rispondenti e insieme intraprendenti”. All’ultima edizione della Scuola di comunità ha partecipato anche Emilbanca.

 

Il bando Fondosviluppo-Confcooperative

È in questo vivace contesto che si inserisce l’iniziativa di Fondosviluppo e Confcooperative che hanno lanciato un bando da 500mila euro per promuovere le cooperative di comunità, neo costituite o già attive e loro consorzi. Obiettivo dell’iniziativa è la promozione, l’animazione e la sensibilizzazione della cooperazione di comunità quale strumento di coesione sociale e sviluppo sostenibile.
“Un investimento finalizzato a sostenere il ruolo delle cooperative, sentinelle del territorio, capaci di intercettare, più di ogni altra impresa, i bisogni delle comunità” commenta Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative. In Abruzzo e in Molise l’accordo prevede il coinvolgimento anche della Federazione Abruzzo e Molise delle Banche di Credito Cooperativo.
Iniziative come queste rivelano che le cooperative di comunità rappresentano realtà imprenditoriali con un grande potenziale, in grado di promuovere la salvaguardia del patrimonio artistico, culturale, delle tradizioni, dei saperi e delle eccellenze agroalimentari.

 

Per saperne di più:

  • Studi di fattibilità per una collaborazione innovativa tra sistema pubblico e movimento cooperativo. Report finale, ministero sviluppo economico, 2016
  • Comunità e cooperazione: l’evoluzione delle cooperative verso nuovi modelli di partecipazione democratica dei cittadini alla gestione dei servizi pubblici, euricse Working Papers,77|15
  • Economia cooperativa. Rilevanza, evoluzione e nuove frontiere della cooperazione italiana. Terzo rapporto euricse, 2015
  • Libro bianco. La cooperazione di comunità azioni e politiche per consolidare le pratiche e sbloccare il potenziale di imprenditoria comunitaria, euricse, 2016
  • Le cooperative di comunità – opportunità di sviluppo e lavoro per il bene comune, Legacoop, 2016
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