Una terra non basta

Quali conseguenze hanno le nostre azioni sull’ecosistema terrestre? In che modo ciò che mangiamo, beviamo, l’energia che utilizziamo, influenza la biodiversità e interferisce con i delicati equilibri naturali?

L’impatto che la nostra vita ha sull’ambiente non è un concetto puramente astratto, bensì scientifico, che si traduce in un insieme di valori misurabili grazie ad un sistema di analisi noto come impronta ecologica. E dietro quelli che all’apparenza possono sembrare solo numeri, c’è una straordinaria chiave di lettura della realtà e del rapporto che lega Uomo e Natura.

 

 

di Erika Facciolla (TuttoGreen)

 

Le orme che l’uomo lascia sulla terra sono infinite, tante quanti i passi e le azioni che ognuno di noi compie ogni giorno. Per vivere abbiamo bisogno di mangiare, bere, occupare spazio, utilizzare vestiti, oggetti e risorse naturali. Ma anche i gesti più semplici e apparentemente più banale hanno un effetto preciso sulla biosfera e interferiscono in maniera più o meno rilevante con gli equilibri che regolano e sostengono l’ecosistema terrestre.

"La quantità di risorse che utilizziamo e la capacità della Terra di rigenerarle prima che esauriscano, rappresenta l’impronta ecologica che lasciamo sul Pianeta".

La quantità di risorse che utilizziamo e la capacità della Terra di rigenerarle prima che esauriscano, rappresenta l’impronta ecologica che lasciamo sul Pianeta nel nostro vivere quotidiano. Un metodo utilizzato ormai da molti non solo per tradurre in termini empirici concetti astratti, ma per capire se quello che stiamo consumando è troppo rispetto a quanto abbiamo ancora a disposizione.

La metafora dell’impronta rende perfettamente l’idea, perché indica il segno del nostro passaggio sulla terra, come l’orma che il piede lascia sulla sabbia bagnata: quanto più è calcata, tanto più ingombrante e precaria è la nostra vita sulla Terra.

 

Il deficit ecologico

In termini tecnici l’impronta ecologica – chiamata in inglese Carbon FootPrint – misura la porzione di territorio (terra o acqua) di cui un individuo o una comunità ha bisogno per produrre in maniera sostenibile tutte le risorse che consuma e per assorbire i rifiuti che produce. A stabilire i parametri ci pensa la Global Footprint Network, l’organo di riferimento per tutti gli stati del Mondo che effettua le misurazioni dell’impronta e cerca soluzioni condivise per ridurla.

Vista così, potrebbe sembrare una cosa molto astratta, ma le sue implicazioni sono assolutamente concrete.

"Attualmente viviamo come se avessimo a disposizione un Pianeta e mezzo".

Attualmente viviamo come se avessimo a disposizione un Pianeta e mezzo, il che significa che una Terra sola non ci basta. E diversi studi scientifici hanno calcolato che entro il 2050 arriveremo a quota due.

In pratica, questo si traduce nel consumare in 7 mesi le risorse che la Terra è in grado di rigenerare in un anno, e per i restanti 5 mesi dobbiamo intaccare le risorse destinate all’anno successivo, perché ci ostiniamo a perseguire uno stile di vita evidentemente insostenibile.

L’impronta ecologica degli italiani è pari a 3,8 ettari di superficie a persona, a fronte di una capacità di circa 1,1 ettari. Per supportare questo trend, abbiamo bisogno di tre volte e mezzo la quantità di suolo a nostra disposizione. Questo deficit ecologico è in parte colmato da quei paesi che presentano un’impronta ecologica ancora in attivo, ma la tendenza è tutt’altro che incoraggiante.

 

Cinque pesi, una misura

Per comprendere e calcolare l’impronta ecologica personale il metodo che dobbiamo utilizzare è quello della semplificazione. La nostra vita e i nostri consumi possono essere misurati sulla base di determinate categorie – cinque per l’esattezza – ognuna delle quali contribuisce alla proiezione di un’impronta specifica.

 

  • Alimentazione
    L’impronta ecologica nutrizionale ci dice quante risorse abbiamo consumato per portare in tavola il cibo che mangiamo. Il calcolo dell’impronta ecologica di una bistecca, ad esempio, racconta quanta acqua e quanta terra sono state consumate per produrla, per allevare l’animale e foraggiarlo e quanta CO2 è stata emessa per portare l’alimento nel nostro piatto. Basti pensare che per ottenere un solo hamburger di carne bovina sono necessari 2.400 litri di acqua.
    Se guardiamo il consumo del suolo, invece, scopriamo che ci vogliono più di 300 mq di terra per produrre 1 kg di carne, 30 mq per la stessa quantità di pane e solo 7 mq, in media, per frutta e verdura. Perfino bere un bicchiere di latte corrisponde a circa 4 mq di suolo consumato. E poi c’è la produzione di gas serra: mangiare una mela locale e di stagione è di gran lunga il gesto più ecologico che possiamo compiere in tema alimentare, sebbene significhi generare 10 grammi di CO2.

 

  • Abitazioni
    Casa dolce casa… sì, ma quanto incide sull’ambiente la costruzione e la climatizzazione delle nostre abitazioni permettendoci di raggiungere uno stato di comfort? L’impronta ecologica delle case è data dalla quantità di suolo occupato per edificarle, dal consumo di energia e materie prime per costruirle e dall’impronta che ogni abitante aggiungerà al computo complessivo. I fattori che entrano in gioco sono molto complessi e riguardano le metodologie impiegate per costruire la casa, l’isolamento termico, la tipologia di riscaldamento e di refrigerazione, ecc. Per non parlare delle abitudini che mettiamo in atto nella nostra quotidianità casalinga. La rete pullula di siti e piattaforme web dove è possibile utilizzare software di calcolo della propria impronta domestica. Lo stesso Global Footprint Network ha predisposto sul proprio sito uno strumento per il computo dell’Ecological Footprint di ogni utente registrato.

 

  • Mobilità
    Quello dei trasporti è uno dei tasti più dolenti per una società, come quella moderna, che ha appena iniziato a sperimentare la sharing mobility e l’uso di alternative ecologiche all’automobile. Eppure il modo in cui ci spostiamo incide profondamente sul volume di energia prodotta e consumata, perché la quantità di combustibile necessario a movimentare un veicolo porta alla conseguente produzione di gas serra. Se traduciamo tutto questo in mq utilizzati per persona, scopriamo che percorrere in auto 10 chilometri al giorno per ogni giorno lavorativo della settimana significa consumare una quantità di suolo superiore a 2500 mq. Questo dato scende a 500 mq se ci si sposta in bus e appena 120 mq con la bicicletta.

 

  • Beni
    Vi siete mai chiesti quanto è grande la vostra impronta ogni volta che utilizzate un oggetto, un elettrodomestico, un capo di abbigliamento o un paio di scarpe? La risposta potrebbe stupirvi perché tutti questi beni di largo consumo incidono in maniera davvero rilevante sul peso dei nostri ‘passi’ sulla terra. Il ciclo produttivo che genera una lavatrice, ad esempio, lascia un’orma lunga più di 2500 mq. Lo smartphone che probabilmente state utilizzando per leggere questo articolo è costato circa 13 tonnellate d’acqua e 18 mq di suolo, mentre la t-shirt griffata che indossate si attesta a quota 4 per ognuna delle due voci considerate.

 

  • Servizi
    Consumiamo più di quanto possiamo permetterci anche per accedere a determinati servizi. Telefonare, stipulare un’assicurazione, richiedere il duplicato di un documento di identità, sono azioni solo apparentemente banali. In realtà ogni servizio corrisponde ad una rete molto fitta e articolata di risorse da attivare per renderlo accessibile e fruibile. Un esempio su tutti è quello del sistema sanitario. Esso comprende persone, istituzioni, edifici e macchinari che innescano consumi con un forte impatto ambientale a tutti i livelli: idrico, territoriale ed energetico. Il sistema ospedaliero europeo, infatti, assorbe il 5% della produzione complessiva di CO2 del Vecchio Continente e l’industria farmaceutica ad esso connessa non è da meno. In Inghilterra, il ciclo di produzione dei farmaci produce il 22% delle emissioni dell’intero settore.

auto elettrica

Questione di scelte

Dice un vecchio proverbio masai: “Trattiamo bene la terra su cui viviamo: essa non ci è stata donata dai nostri padri, ma ci è stata prestata dai nostri figli”. Ed è bene ricordare che per costruire un futuro migliore bisogna cominciare dalle fondamenta, mattoncino dopo mattoncino, e pensare che ciò che facciamo per alleggerire il presente traccerà il cammino alle generazioni che verranno.

Chiunque può fare in modo di pesare meno sull’ambiente partendo da piccoli gesti, correggendo scelte e abitudini del proprio vivere quotidiano. Spostarsi in bicicletta, mangiare frutta e verdura del territorio e rigorosamente di stagione, non lasciare la luce o il pc acceso, regolare il riscaldamento di casa su una temperatura ragionevole, sono solo alcuni esempi. Rivedere anche i più banali comportamenti individuali è solo il primo passo verso un cambiamento radicale.

Per quanto riguarda il cibo, le regole sono semplici e consistono nel preferire tutto ciò che è fresco, vegetale, biologico, di stagione, locale, poco lavorato, confezionato con imballaggi ridotti o riciclabili. Evitate di comprare i vegetali di serra che hanno un’impronta ecologica da 10 a 20 volte superiore a quella dei prodotti coltivati in campo aperto e moderate il consumo di carne e pesce. Ove possibile, non comprate acqua minerale e cercate di sfruttare le opportunità offerte dai gruppi di acquisto solidali.

"riciclare, riparare, riutilizzare, barattare il più possibile".

Il nocciolo della questione, però, non è semplicemente quanto e cosa consumiamo, ma anche di cosa abbiamo realmente bisogno. E la vera rivoluzione passa attraverso un cambio di mentalità sul modo stesso in cui disponiamo di beni e servizi. Servono davvero 2 o 3 automobili in famiglia? Posso semplicemente utilizzare un bene anziché comprarlo? Posso andare al lavoro, a scuola, al supermercato, al cinema o a teatro con il bus anziché in auto?

È necessario passare dall’approccio basato sul possesso di un bene a quello fondato sull’utilizzo, vale a dire abbracciare i principi della sharing economy e aprirsi alla fruizione collettiva di tutto ciò che può essere condiviso con una comunità di riferimento. E poi riciclare, riparare, riutilizzare, barattare il più possibile prima di gettare via qualcosa.

 

E chi meglio delle Banche Cooperative può interpretare questi temi nei territori? L’impronta ecologica del Credito Cooperativo racconta come le Banche del Credito Cooperativo hanno consentito di promuovere capillarmente la diffusione delle energie rinnovabili, in accordo con Legambiente; di come hanno promosso i consumi sostenibili attraverso le imprese clienti, risparmiando 6 milioni di euro in costi sociali; di come hanno supportato l’agricoltura sostenibile, finanziando 1.473 imprese biologiche e le filiere agricole. Perché per le BCC ogni passo è importante per cambiare il mondo.

 

Leggi la prossima storia in Territori