La scelta di allevare

Sono più di 50 le mucche che Stefania e Sonia allevano nella loro azienda agricola biologica sopra Pieve Torina, nelle Marche colpite dal terremoto. Un lavoro che tiene unite tre generazioni e che continua a guardare al futuro.

Dopo il terremoto del 2016 le due sorelle di Torricchio, a pochi chilometri da Pieve Torina, sono ripartite subito. Ma qualche mese dopo è arrivato l’inverno, con le nevicate a gennaio. E l’azienda, situata a 600 metri di quota, ha avuto nuove difficoltà. 

 

di Ludovica Galeazzi

Una casetta di legno con due piccole stanze da letto, un bagno e una cucina. Difficile immaginare come una famiglia di 11 persone sia riuscita a passare un intero inverno qui.

Sonia mi descrive come si erano divisi i letti e le brandine. “Abbiamo dormito per tre mesi e mezzo vestiti. La sera spostavamo il tavolo da pranzo e piazzavamo le brandine. Ogni sera metti le brandine, ogni mattina togli le brandine. Questo era il lato negativo… il lato positivo è che siamo stati tutti insieme”.
Quasi mi vergogno a pensare alla più piccola delle stanze in affitto dove ho vissuto da studente. Mi lamentavo della dimensione – ma in confronto era una reggia.

Sonia e sua sorella Stefania sono parte di una grande famiglia. Dopo il terremoto del 26 Ottobre 2016, le case danneggiate e la paura delle scosse continue hanno fatto stringere tre generazioni sotto lo stesso tetto: la casetta di legno costruita a seguito del terremoto del 1997.

"Qui a Torricchio non ci siamo fermate perché gli animali avevano bisogno di noi. Le mucche devono mangiare tutti i giorni, con il sole, con la pioggia, con il terremoto o con la neve".

Quel terremoto aveva distrutto la casa e la stalla dove trovano i vitelli e le vacche dell’azienda agricola biologica. Almeno questa volta la stalla – costruita con criteri antisismici – ha resistito.
Quella di Sonia e Stefania è una delle oltre 3000 aziende agricole che hanno subito danni dopo il terremoto nelle quattro regioni colpite (dati Coldiretti) ovvero Marche, Lazio, Umbria e Abruzzo. Le strade bloccate e le frane hanno reso difficile l’approvvigionamento – ad esempio di mangimi per gli animali – e la consegna di prodotti.
Ma le due sorelle non hanno mai pensato di lasciare l’azienda. Anzi.
È l’azienda di famiglia che Sonia e Stefania hanno ripreso in mano.
“Non ci siamo fermate perché gli animali avevano bisogno di noi. Le mucche devono mangiare tutti i giorni, con il sole, con la pioggia, con il terremoto o con la neve.”

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La forza della famiglia per superare gli ostacoli

Già, la neve.
Stefania me ne parla mentre andiamo in macchina verso la stalla. Ci mettiamo meno di cinque minuti, ma durante l’inverno sono servite tre persone e dieci ore per sgomberare la strada. Cerco di immaginare quei muri di neve che non lasciavano passare neanche il trattore con la pala. Rabbrividisco sebbene gli attuali 40 gradi sotto il sole di agosto brucino la pelle.
“Se non avessimo portato da mangiare gli animali non ce l’avrebbero fatta. Ma per fortuna abbiamo superato anche quest’inverno”.

Se Sonia e Stefania hanno superato la nevicata e il terribile inverno del 2016-2017 non è stato solo grazie alla fortuna. Sono stati necessari altri due elementi. Il primo è la “tigna”, che, per chi non conosce il dialetto marchigiano, è la caparbietà, la testardaggine. Mi dicono ridendo che è la loro “caratteristica negativa”, anche se di negativo ci vedo ben poco. Vedo soprattutto tanta voglia di darsi da fare per superare anche questa crisi. Il secondo ingrediente è quello che chiamano il “pilastro” della famiglia.
Cosa sarà mai?

Gianluca ha 9 anni e aiuta la mamma Sonia e la zia Stefania a spargere il sale per le vacche.
Mi tengo a debita distanza mentre chiamano le vacche. “Nebbia, Nuvola, Bianchina, venite!” Una mandria di 50 bestie inizia a muoversi: trottano, quasi corrono verso di loro. Mi allontano ancora di più, non sia mai che una mucca sia tentata di leccare anche me! Invece Gianluca rimane vicino alle donne, aspettando che le mucche arrivino per accarezzarle.
Gianluca ha la sindrome di Down. “È stato un fulmine a ciel sereno – dice Sonia – perché lo abbiamo scoperto solo alla nascita”. Forse l’idea di doversi destreggiare tra la cura del bimbo e quella delle vacche avrebbe mandato in crisi molte famiglie. Ma non questa “famiglia allargata” dove tutti si prendono cura di lui. Mentre lui si prende cura degli animali.
Se vi chiedete come abbiano fatto due imprenditrici a gestire l’azienda e tirar su cinque figli tra di loro, ho la risposta.
“Mia figlia Daniela è cresciuta sul trattore. Avevo piazzato un seggiolino accanto a me, e mentre a casa piangeva e non mangiava, lì stava tranquilla”. Stefania e Sonia hanno portato i figli al lavoro in largo anticipo rispetto alle moderne iniziative “kids in the office”. E se non ci sono le mamme, ci sono la babysitter – i cugini e fratelli più grandi – che si occupano dei piccoli all’asilo nido. Ovvero il cortile di casa e l’orto.
Stefania mi parla dei figli, di come ai più grandi piaccia il lavoro in campagna e come spesso si occupino delle mucche che durante l’estate pascolano liberamente a 1000 metri di quota. “Se scelgono di continuare con questa attività sono felice, ma deve essere una scelta loro. Devono fare quello che vogliono davvero”.

" Gianluca ci ha dato la forza per andare avanti. Grazie a lui abbiamo capito che non ci potevamo arrendere".

Se c’è uno della nuova generazione che sembra proprio a suo agio tra le stalle, le balle di fieno e le vacche è il più piccolo, Gianluca. “È innamorato della vita in stalla. Se fosse per lui farebbe tutto – anche portare il trattore” dicono i cugini. E se la mamma o la zia prendono il forcone per portare il fieno agli animali, anche lui afferra un forcone e cerca di dar da mangiare ai vitelli. Loro si avviano verso il trattore? Lui le rincorre con il suo trattore giocattolo.
“Tempesta” lo chiamano, perché è sempre attivo e “ne fa una ma ne pensa già due”.
Nonostante tutta l’energia che sprizza, le due sorelle mi raccontano che Gianluca è stato quello che ha sofferto di più dalla sera del 26 Ottobre. “Ha tenuto le mani sugli occhi fino alla mattina, non riuscivamo a toglierle. Non ha neanche dormito, dalle 21 alla mattina era tutta una scossa. Ma Gianluca ci ha dato la forza per andare avanti. Grazie a lui abbiamo capito che non ci potevamo arrendere”.
“Ci aiuta molto moralmente. Anche con uno scherzo, un capriccio, una cosa da bambino, riesce in un momento brutto a strappare un sorriso.” dice Daniela prima di correre dietro al cugino che cerca di aprire il rubinetto dell’acqua per lasciarsi inzuppare dall’innaffiatrice automatica.

 

Un regalo inaspettato come stimolo per andare avanti

Mentre siamo seduti all’ombra delle querce – e nessuno ha voglia e coraggio di alzarsi sotto il sole del primo pomeriggio e i 40 gradi che scottano, tranne Gianluca che corre nel giardino con il triciclo – i ragazzi mi dicono che c’è qualcosa che vogliono mostrarmi. Hanno girato un video di ringraziamento per un regalo inaspettato da un benefattore sconosciuto. La storia è abbastanza intrigante da farmi scordare l’afa.
Il video è toccante. Posso solo immaginare la reazione di chi lo ha ricevuto.

Scopro che dopo il terremoto e la nevicata la famiglia ha ricevuto una somma di quasi 2.000 euro dalla Toscana. Da uno sconosciuto benefattore informato della storia della famiglia proprio dalla BCC dei Sibillini. I Girolami sono soci della BCC da tre generazioni. Sonia è stata anche membro del CdA, perlomeno fino alla nascita di Gianluca. La banca è al fianco della famiglia da sempre.

"Chiedo a Sonia e Stefania di cosa hanno bisogno per andare avanti con l’attività: non vogliamo niente. Prendiamo quello che c’è".

Forse per l’energia e il sorriso dei bambini – ma anche degli adulti – qui in azienda mi sembra quasi che gli effetti del sisma siano già stati superati. Ma basta andare a Torricchio per tornare alla realtà: case in pietra danneggiate, muri tremolanti. Una sola famiglia vive qui: Sonia, che ha costruito una piccola stanza in legno per dormire. E pensare che prima i turisti venivano qui per visitare la Riserva naturale Montagna di Torricchio, un territorio montano particolarmente importante per la variegata flora e fauna.
Chiedo a Sonia e Stefania di cosa hanno bisogno per andare avanti con l’attività.
“Non vogliamo niente. Prendiamo quello che c’è”.

Ma di qualcosa hanno bisogno: che l’economia della zona riparta. Anche per questo hanno intenzione di riaprire il ristorante, danneggiato e inagibile, che la famiglia gestiva a Frontignano, a 25 km di distanza. Vogliono portarlo vicino all’azienda, sperando che possa diventare un’attrattiva per ripopolare anche Torricchio. C’è ancora tanto da fare. La ripartenza è nel dna di questa famiglia. E nella forza del loro sorriso, nonostante tutto.

 

 

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